La MOSTARDA … ma non quella che pensate voi …

Ecco un’altra squisitezza che si può fare con il mosto d’uva.

Ingredienti :     

–  3,5 kg. di mosto d’uva Dolcetto;

–  750 gr. di pere martin;

–  750 gr. di mele cotogne;

–  5 noci;

–  10 nocciole tostate;

–  2 chiodi di garofano;

–  1 limone

Preparazione:  

pesare una casseruola in cui avrete già sistemato il mosto ben filtrato e far bollire fino a quando il peso totale non si sarà ridotto quasi della metà (dovrà pesare 2 kg.).

Intanto pelare le noci tenute a bagno nell’acqua bollente per qualche minuto e pestarle assieme alle nocciole, queste ultime già tostate e spellate, nel mortaio.

Pelare le pere e le mele e tagliarle a dadi grossi.

Quando il mosto avrà raggiunto il peso voluto, unire la frutta fresca e secca, i chiodi di garofano e la buccia di un limone bio.

Lasciare cuocere adagio sino a che la salsa sia ridotta della metà.  Travasare in barattoli di vetro e chiudere bene.

La salsa si conserva anche per un anno.

Questa preparazione si accompagna ottimamente con il bollito misto alla piemontese, con la polenta, con i formaggi freschi a latte crudo o semplicemente sul pane  per merenda.

Curiosità:

si hanno anche impieghi della mostarda di vino sicuramente meno ortodossi ma più poetici e in odore di tempi perduti …. dolcificante per ottenere una bibita dissetante con l’acqua del pozzo, o come ingrediente per rustiche “granite” da farsi con la neve…. Tempi che furono …..

L’uso di cuocere il mosto d’uva al fuoco diretto ricavandone un alimento denso, zuccherino ed inalterabile sembra essere antichissimo.  Per i Romani era la Sapa il cui impiego fu diffuso in tutto l’impero.  Continuò a chiamarsi così anche in epoca medievale dove, nell’Italia settentrionale la ricetta classica fu parzialmente modificata al fine d’ottenere consistenze diverse o più aromatizzata o più speziata e resa anche più piccante grazie all’aggiunta di semi di senape.

Nei secoli XVI e XVII la mostarda subisce una scissione: quella dei nobili tende a rafforzare i suoi connotati di “salsa” d’accompagnamento rafforzando l’intensità del sapore e sostituendo l’originario mosto cotto di base con miele o sciroppi di zucchero; quella dei poveri, diventata a tutti gli effetti un alimento, accentua la rotondità del sapore e la consistenza semi-fluida.

Nel suo percorso la mostarda ricopre anche appellazioni differenti quali: “Sapore”, “Savor”, “Savoret, la bassa Langa albese la chiamerà “Cognà”.

Indipendentemente dalle diverse appellazioni e da metodi di produzione con numerose varianti questo prodotto rappresenta una “chicca” da provare e questa è la stagione giusta!